Famiglia Ferrari


 

Antichissimo casato, probabilmente imparentato con gli omonimi patrizi genovesi, ebbe come dimora la città di Taggia, nel ponente ligure, per più di settecento anni.

 

Il primo documento pubblico che ne menziona il nome è un atto conservato nell'archivio storico del comune di Taggia, datato 1283, dove Leonius Ferrarius compare come podestà della comunità cittadina. Non abbiamo dati certi risalenti all'epoca, ma con molta probabilità egli costituisce il più remoto membro di questa famiglia, potendolo quindi considerarlo come il capostipite.

Pochi anni più tardi, nel 1357, esattamente il 15 di novembre le comunità di Taggia e di Bussana decidono, di unirsi tra loro con un patto di alleanza e di reciproco aiuto. Il patto, redatto dal notaio Bonifaci, è firmato davanti alla statua della Vergine Maria, dai rappresentanti delle due cittadine. Fra i notabili tabiesi, alla firma, compaiono Johannes, Jacobus e Manfredus de Ferrarius.

Il nipote di Jacobus, Sebastianus guidò la vita pubblica come membro del consiglio per alcuni anni e nel 1489 è tra i firmatari del patto di amicizia tra Guelfi, Ghibellini e parte Doria. Assieme a lui compaiono anche altri membri del casato Ferrari, probabilmente sui cugini, sono Johannetus e Pellegrinus q. Antoni.


Nicolò Calvi, padre domenicano si occupò nella sua vita di redigere un importante cronaca storica del convento di San Domenico di Taggia, la più importante istituzione ecclesiastica tabiese. L'opera che copre un arco temporale compreso tra il 1460 ed il 1623, conserva i fatti più importanti della vita conventuale e cittadina.

Tra di essi troviamo, per l'anno 1512, l'elezione del R.P. Hieronymus originario della stessa città di Taggia, a priore del convento.

Nei secoli XVII e XVIII i membri del casato Ferrari lasciano gran parte degli impegni pubblici rimanendo ad occuparsi delle proprietà e delle finanze famigliari che negli anni sono andate accrescendoli, portando la famiglia ad essere una delle più ricche e influenti, non solo in città ma anche nella regione circostanze.

Le proprietà fondiarie si estendono tra gli odierni comuni di Taggia, Badalucco, Triora, Bussana e Castellaro.

 

I principali membri della famiglia in questi anni sono, Bartolomeo e Gio Battista, quest'ultimo fu priore della venerabile arciconfraternita della morte e della confessione, e Gaetano maestro di architettura.

Le attività e le professioni ricoperte sono l'avvocatura, il notariato, l'imprenditoria edile e la gestione delle terre che potrebbe essere paragonata all'attuale attività di imprenditoria fondiaria.

Con il nuovo corso politico instauratosi dopo la rivoluzione filo giacobina che rovesciò l'antica repubblica di Genova e l'avvento del nuovo stato "democratico" costruito a somiglianza della repubblica francese, la situazione patrimoniale del casato subì importanti ridimensionamenti.

Furono, per prime, le famiglie nobili e patrizie a subire gli effetti della nuova politica democratica.

Vennero abolite tutte le antiche cariche politiche e civili, fu abolita la nobiltà e messi al bando, titoli e stemmi araldici, le terre dei grandi proprietari fondiari furono drasticamente ridimensionate.

 

Casato tradizionalmente conservatore e vicino all'antico patriziato della Superba, i Ferrari si adattarono al nuovo regime seguendone in disparte il destino, eccezzion fatta per Giovanni che sarà membro del consiglio degli anziani del comune. La situazione migliorò con l'incorporazione della Liguria all'impero francese prima e con la successiva unione al Regno di Sardegna, avvenuta dopo il trattato di Versailes. Vennero ristabiliti in parte i vecchi costumi e le tradizioni cari al vecchio ceto dominante.

 

Nei primi anni successivi alla restaurazione, la famiglia riacquista un posto di primato nella vita pubblica cittadina. 

Vi sono nuove famiglie importanti, trasferitesi per motivi "governativi", provenienti dal Piemonte ma le famiglie influenti, che condividono il controllo sui commerci e le proprietà terriere sono sempre le stesse: i Curlo, gli Spinola, gli Anfossi, i Rossi, i Pastorelli e molte altre.

La tranquilla vita famigliare è scossa dalla morte di Domenico figlio di Giovanni, il quale, sotto le armi col grado di sergente furiere, si avvicina alle idee mazziniane e si unisce alla neonata Giovine Italia, fondata poco tempo prima dal patriota Giuseppe Mazzini. Domenico, forte della sua gioventù si lascia trascinare dagli ideali e partecipa alla clandestina rivolta di Alessandria del 1833 che sarebbe dovuta essere capitanata dal Vochieri.

Arrestato è sottoposto a processo e condannato a morte per alto tradimento. Concessagli la grazia di essere fucilato di fronte e senza il fardello della degradazione, muore nella cittadella di Alessandria il 15 giugno all'età di venticinque anni.

Il padre Giovanni sofferente e impotente, non sopravvisse a lungo e pochi mesi dopo la morte del figlio, lo raggiunge.